Siena e l’abbazia di San Galgano
A soli 35 km da Siena, in una bella posizione nella Val di Merse, si trova la grande abazia senza tetto di San Galgano e l’eremo di Monte Siepi con la spada nella roccia.
L’abbazia di San Galgano è un’abbazia cistercense. La mancanza del tetto accomuna questa abbazia a quelle di Melrose in Scozia, di Tintern in Galles, di Cashel in Irlanda, di Eldena in Germania.
Dedicata a San Galgano, vissuto intorno all’anno 1100, convertitosi dopo una giovinezza disordinata, si ritirò a vita eremitica per darsi alla penitenza. Giunto sul colle di Montesiepi, infisse nel terreno la sua spada, allo scopo di trasformare l’arma in una croce.
L’evidente eco del mito arturiano non ha mancato di sollevare curiosità e, ovviamente, qualche ipotesi ardita su possibili relazioni fra la mitologia della Tavola Rotonda e la storia del santo chiusdinese.
Per volontà del vescovo di Volterra nel luogo della morte di San Galgano fu edificata una cappella (1185) in seguito si promosse la costruzione di un vero e proprio monastero.
Sotto l’impulso di questo primitivo nucleo monastico, ai quali si erano uniti molti nobili senesi e alcuni monaci provenienti direttamente dall’abbazia di Clairvaux nel 1218 si iniziarono i lavori di costruzione dell’abbazia nella sottostante piana della Merse. Nella metà del XIII secolo l’abbazia di San Galgano era una delle più potenti fondazione cistercense in Toscana.
La grande ricchezza dell’abbazia portò i suoi monaci ad assumere una notevole importanza economica e culturale tanto da spingere la Repubblica di Siena a stringere stretti legami con la comunità.
Nel XIV secolo la situazione iniziò però a peggiorare: prima la carestia del 1328 poi la peste del 1348, che vide i monaci duramente colpiti dal morbo. Nella seconda metà del secolo l’abbazia, come tutto il contado senese, venne più volte saccheggiata. La crisi continuò anche nel XV secolo. Nel 1474 i monaci fecero edificare a Siena il cosiddetto Palazzo di San Galgano e vi si trasferirono, abbandonando il monastero.
Nel 1503 l’abbazia venne affidata ad un abate commendatario, una scelta che accelerò la decadenza e la rovina di tutto il complesso. Il governo degli abati commendatari si rivelò scellerato, tanto che uno di loro, alla metà del secolo, fece rimuovere per poi vendere la copertura in piombo del tetto della chiesa: a quel punto le strutture deperirono rapidamente.
Nella prima metà del Settecento il complesso risultava ormai crollato in più parti, nel 1781 crollò quanto rimaneva delle volte e, dopo che un fulmine lo aveva colpito, crollò anche il campanile. Negli anni seguenti l’abbazia venne trasformata in una fonderia, fino a che nel 1789 la chiesa fu definitivamente sconsacrata e abbandonata.
Nel 1924 si iniziò il restauro eseguito con metodo conservativo ad opera di Gino Chierici, il quale si ispirò ai principi di John Ruskin padre del restauro conservativo. Non furono, quindi, realizzate ricostruzioni arbitrarie o integrazioni: si decise semplicemente di consolidare quanto rimaneva del monastero.
Testo tratto da Wikipedia
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